La Masserie a Bellona, dove la vite respira tra le rose e il vino riposa nel tufo

di Tonia Credendino
Tra vigna e visioni
Ci sono luoghi che sanno accoglierti prima ancora che tu arrivi davvero. È accaduto a Bellona, nel cuore della Campania Felix, dove la terra fertile e la memoria si intrecciano nel paesaggio e nei gesti. A La Masserie, azienda agricola condotta dalla famiglia Carusone, ho vissuto una giornata immersa nella bellezza silenziosa delle vigne, tra radici profonde e visioni coraggiose.
Là dove il nonno di Giuseppe Carusone costruì la sua masseria con il tufo scavato a mano, oggi si coltivano cinque ettari di terra con una dedizione che sa di casa. Uno dei vigneti storici è ancora oggi il cuore pulsante dell’azienda. I filari disposti in due orientamenti perpendicolari raccontano due anime del Casavecchia, vitigno autoctono che qui cresce libero, tra luce e respiro.
Una bellezza che accoglie
Passeggiare tra i filari significa entrare in un paesaggio che sembra nato per incantare. Le rose, di ogni colore, punteggiano i bordi delle vigne come sentinelle gentili. Gli ulivi secolari, maestosi e silenziosi, accompagnano lo sguardo verso l’orizzonte. Ogni dettaglio racconta l’ordine segreto della natura, la precisione affettuosa delle mani che la curano.
In questo equilibrio perfetto, incontro Sara Carusone, giovane donna piena di passione. Insegnante, laureata in Filologia Moderna, ha scelto di tornare alla vigna per ascoltare la voce della sua terra e trasformarla in vino. Accanto a lei, il padre Giuseppe, uomo di visione e concretezza, che conosce ogni dettaglio di questo luogo, ogni pietra e ogni gesto, e li preserva con cura e visione. Il loro legame è fatto di rispetto, amore e complicità.
La memoria nei gesti
Nel silenzio della vigna, Sara si ferma e indica un punto preciso: lì, un intreccio particolare di tralci svela la “potatura mia”, come la chiamava suo nonno. Un metodo antico, non codificato, tramandato con orgoglio attraverso le generazioni. I tralci si incrociano in una danza lenta, formando un rombo che lascia spazio all’aria e alla luce. Il Casavecchia, in questo sistema, si esprime con autenticità: selvaggio, intimo, sincero.
Accanto, un altro frammento di storia: la propaggine, tecnica arcaica che prevede l’interramento del tralcio per generare una nuova pianta. Un gesto semplice, che ha segnato la rinascita del Casavecchia grazie alla ricerca di Prisco Scirocco, agli inizi del Novecento.
Il cuore nel tufo
Scendiamo nella grotta. Non è una grotta qualsiasi, ma quella da cui il nonno estrasse il tufo per costruire la masseria. Oggi è il luogo dell’affinamento: due pozzi la attraversano, la temperatura è costante, le botti e le bottiglie riposano in un silenzio che sa di rispetto. Le pareti trasudano storia, il pavimento originale, irregolare e vissuto, racconta di un tempo che non si è mai interrotto. Qui si avverte l’umidità giusta, l’equilibrio perfetto tra luce e buio, tra attesa e trasformazione. Le bottiglie giacciono ordinate, come in preghiera, in attesa di trovare la loro voce nel calice. Qui il vino si compone, si arricchisce, si compie.
Accanto alla grotta sorge la nuova cantina, un progetto ambizioso che integra funzionalità e poesia: due piani, con ascensore, una sala degustazione panoramica che si affaccia sulla campagna, una bottaia in cui le botti francesi promettono finezza e longevità. Nulla è lasciato al caso: i portoni antichi recuperati, il pavimento in cotto, le pareti in pietra parlano di un’identità profonda e coerente.
Il racconto nel calice
Durante la degustazione, Sara racconta l’evoluzione dell’azienda: “Dal 2017 siamo certificati biologici. Un passaggio importante, che ha richiesto impegno, studio e un cambiamento profondo nel nostro approccio. Il nostro enologo, Ernesto Buono, è una presenza preziosa: preciso, appassionato, con una sensibilità che riesce a valorizzare ogni singola espressione dei nostri vitigni. Con lui abbiamo raggiunto un equilibrio tra eleganza, riconoscibilità e rispetto dell’identità varietale.”.
Ogni bottiglia è un’opera visiva, grazie alle etichette d’autore firmate da Bruno Donzelli, artista visionario noto per il suo linguaggio ironico e pop. Un progetto nato quando Sara e sua sorella, ancora studentesse, pensarono di affidare l’identità visiva dell’azienda all’arte. Nel 2024, la Guida Bio ha inserito i vini de La Masserie tra i migliori d’Italia, assegnando la prestigiosa Foglia d’Oro alla Tres Frigidae – Pallagrello Bianco 2023 per la sua eccellenza qualitativa, stilistica e sostenibile. L’azienda ha inoltre ricevuto il Premio Packaging 2025, riconoscimento che conferma l’attenzione riservata non solo alla sostanza ma anche alla forma, esprimendo attraverso le etichette un’identità forte, creativa e coerente.
I vini e l’anima del territorio
Il primo calice è la Tres Frigidae, un bianco biologico ottenuto da uve Pallagrello Bianco. Prende il nome da un’antica sorgente e colpisce per la sua freschezza minerale, la sapidità e il profilo aromatico fine, con note floreali e agrumate. Ideale per piatti delicati di pesce e verdure, è vinificato e affinato in acciaio per conservare purezza ed equilibrio.
Segue il Veritas, rosato da Casavecchia. Ha un colore tenue ma deciso, frutto di una pigiatura soffice e di una macerazione brevissima che consente di estrarre il meglio senza eccessi. Al naso rivela note di piccoli frutti rossi, al sorso è fresco, elegante, asciutto, con una struttura che lo rende perfetto anche per piatti complessi, carni bianche e formaggi.
Il terzo calice è l’Oblivium 2011, Casavecchia affinato per 12 mesi in barrique di rovere di Slavonia, poi in bottiglia. È un vino maturo e complesso, dai riflessi granati, con profumi di sottobosco, spezie e cuoio. In bocca è ampio, persistente, con una trama tannica setosa. Dimostra quanto il Casavecchia possa sfidare il tempo con grazia.
La produzione comprende otto etichette, tutte da vitigni autoctoni vinificati con rigore e creatività, e un raffinato olio extravergine biologico, espressione della stessa cura che accompagna il vino. Nuove etichette stanno nascendo, ancora segrete, ma già promettenti. L’identità de La Masserie cresce, si espande, senza mai perdere il legame con la terra.
Il valore dell’attesa
Sara e Giuseppe scelgono ogni giorno di non forzare il tempo. “Chi ha fretta può anche perderselo, questo vino”, dice Giuseppe. Ed è vero. Qui il tempo non si misura, si vive. Qui la lentezza è un valore.
Sono andata via con un sorriso e un po’ di nostalgia. Ho chiesto di essere adottata, e non scherzavo. Mi porto via il suono dei passi tra le rose, lo sguardo fiero di Giuseppe, il sorriso caldo di Sara. Il tufo che respira, la luce che accarezza le vigne, i calici sinceri. So che tornerò. Perché qui ho sentito qualcosa che somiglia molto alla bellezza, e che si può chiamare davvero casa.